Rigenerare la partecipazione. Giovani e servizio civile in prospettiva europea - Milano 31-31 Ottobre 2014
Intervento di Licio Palazzini, presidente Conferenza Nazionale Enti Servizio Civile (CNESC)
Ringrazio il sott. Bobba e tutte le amministrazioni e soggetti sociali che hanno reso possibile questa due giorni.
Parlo a nome di reti, non per mandato ma per lavoro comune
Penso alla collaborazione con il forum nazionale giovani.
La Cnesc è un’associazione costituita nel 1984, che raggruppa 19 reti nazionali, di diversa ispirazione e che operano in tutti i settori previsti dal Servizio Civile Nazionale. Una cnesc che ha sempre avuto attenzione alla dimensione europea, già negli anni 80 e 90 del passato millennio.
E in Europa abbiamo strette relazioni fra l’altro con Unis Cité e La Ligue de l’enseignement in Francia, Plateforme pour un Service Citoyen (Belgio), CSV/Volonteurope (Gran Bretagna), BBE (Germania)
La citazione che il sottosegretario Bobba ha messo alla base di questa tavola rotonda mi permette di collocare subito le considerazioni successive rispetto al tema della identità primaria del servizio civile europeo, oltre che nazionale.
“La prospettiva che vogliamo proporre: una grande “leva volontaria di pace” degli Stati europei, per dar vita ad una forza di pace interna, di costruzione di bene comune europeo, che veda protagonisti convinti gli adulti che animano le Istituzioni e le associazioni e i soggetti del Terzo Settore più persuasi e disponibili ad una nuova stagione di impegno comune e soprattutto i giovani europei, le forze vive del Vecchio Continente, chiamate ad un progetto di futuro concretamente solidale, fattivamente condiviso, quotidianamente condiviso e difeso.!
Infatti sia la nostra esperienza che gli studi, anche internazionali, dicono che nel servizio civile convivono diverse motivazioni e molteplici risultati. Questa caratteristica per non diventare debolezza deve trovare una finalità conclusiva a cui ricondurre i vari percorsi. E il testo proposto trova la Cnesc pienamente d’accordo, in una visione nuova e aperta alle sfide del futuro della costruzione della pace e della concezione della difesa e sicurezza.
Dalla metà degli anni ’80 la Cnesc e le sue organizzazioni hanno incontrato alcune centinaia di migliaia di giovani italiani, fino al 2001 solo uomini, dopo in maggioranza donne.
Abbiamo quindi il polso delle varie generazioni e di come le condizioni e le prospettive dei giovani sono cambiate nella società italiana.
Oggi i giovani italiani sono nella tempesta perfetta, non sono sull’orlo del vulcano ci sono dentro e noi con loro. Sappiamo per esperienza diretta d quanti siano i giovani generosi, ottimisti, capaci.
Sappiamo però anche dei milioni di disillusi, resi cinici dai comportamenti degli adulti, dalla famiglia alle imprese alle e qui è più grave alle istituzioni , educati al tutto e subito, per i quali il benessere, la cultura, i viaggi la pace sono diritti dovuti e non il frutto di lotte e lutti di una passato europeo comune.
Con questa consapevolezza abbiamo lanciato a Torino il 14 Aprile scorso l’appello per un Servizio Civile Europeo per Tutti in occasione delle elezioni europee. I risultati delle quali, per inciso, hanno confermato il passaggio dalla fase dell’apatia a quella della reazione di larghe fasce di elettorato, anche giovanile.
Per questo oggi occorre parlare in contemporanea di servizio civile sia nella dimensione nazionale che europea.
Abbiamo una risorsa. Il nucleo di giovani già disponibili. La prossima missione nostra e da proporre a loro è di andare a cercare quelli inconsapevoli delle loro capacità, oppure disillusi o addirittura ostili.
Questa mi pare la novità storica dei servizi civili che, nati dentro la storia dello Stato Nazionale, spesso come alternativa al servizio militare obbligatorio, oggi devono tornare ad essere di massa.
Unione Europea ha 507 milioni di abitanti, la comunicazione di Daniele Biella ha detto quanti sono i milioni di potenziali giovani europei in età da servizio civile.
Una strategia ha bisogno di obiettivi. Vogliamo darci l’obiettivo di 1 milioni di partecipanti alla rete europea di servizi civili? Ebbene 1 milione è allo stesso tempo una dimensione grandiosa e insufficiente.
Gli Stati Nazionali in primis per convincere l’Unione devono investire atti simbolici (ha ragione Magatti), risorse umane (propri operatori formati e motivati) e soldi.
La posta in gioco è enorme. Si pensa di risolvere con la polizia o i servizi segreti la campagna di arruolamento dei jjadhisti? O delle mafie? Oppure i riots delle banlieue francesi o inglesi?
Parlavo di risorse già disponibili
Riprendo una proposta che è emersa ieri. Quella di partire verso la rete europea dei servizi civili nazionali, come primo step, attraverso un continuum fra periodo nazionale e periodo europeo.
Il programma Amicus nel 2009 aveva aperto la strada ad una sperimentazione che integrava la dimensione nazionale e comunitaria del servizio civile, e resta un serbatoio di indicazioni necessarie.
In Italia la proposta che l’Alleanza per il futuro del sc aveva lanciato nel Dicembre 2012 riprendeva questa proposta, che ha trovato collocazione nel disegno di legge del Governo Renzi, quando si propone ai giovani un periodo in Italia e uno più breve in un paese europeo.
So bene che la durata del periodo di servizio civile è un nodo aperto. Come arricchire l’offerta di esperienze e ridurre la durata è un mistero, almeno dal punto di vista educativo e di presa di coscienza.
Ma cosa può mettere a disposizione la Cnesc del percorso per la dimensione europea del servizio civile?
1) Una rete di organizzazioni. In vista di oggi abbiamo fatto un veloce sondaggio interno. Sia in modo diretto che attraverso partenariati le organizzazioni CNESC coprono quasi tutti i Paesi dell’Unione. Questo patrimonio lo mettiamo subito a disposizione, a cominciare dalla disponibilità a partecipare, qualora finanziato, al progetto IVO4All di cui ci ha parlato il sottosegretario Bobba.
2) Con le collaborazioni di alcuni soci (penso ad ASC) sono già pronte organizzazioni di Francia, Germania, Belgio, Gran Bretagna che hanno sviluppato senso comune e condiviso obiettivi e strumenti.
3) Ci sono esperienza già fatte che ci consegnano una mole di insegnamenti, valoriali e pratici. Il Servizio Volontario Europeo, Amicus, il Corpo di Aiuto Umanitario, il Servizio Civile di Pace tedesco etc. Rendiamo massa critica questo patrimonio.
4) Con le ultime sentenze di fatto il SCN è aperto agli stranieri, in primis ai cittadini dell’Unione e viene meno quindi l’ostacolo alla reciprocità che ci ha bloccato in questi anni.
5) Inoltre perché non ripetere la scelta del 2003, quando dal primo convegno promosso dal Governo Italiano scaturì un bando specifico, su cui poco si è riflettuto? E’ possibile con la progettazione 2015 avere un bando dedicato che metta a verifica:
a. La formula Italia/Europa accanto al Servizio Civile all’estero;
b. Il contributo del SC alla cooperazione fra gli Stati, le Pubbliche Amministrazioni
c. La pressione di fatto sulla Commissione;
d. la capacità di costruire rete fra le organizzazioni e con le agenzie nazionali (vedi Bruxelles novembre 2013)
6) Infine la Cnesc è disponibile (e un discorso lo abbiamo già iniziato con le organizzazioni europee oggi presenti) a fare da riferimento per Piattaforma europea del Terzo Settore per il sce.
Ma oggi è il momento delle proposte forti, di visione. Ci sarà il momento delle valutazioni organizzative, economiche, ma serve l’idea di fondo.
Perché la rigenerazione della partecipazione sociale e politica è una scelta di sistema, proprio come ci ha detto Putnam nel bel libro sulla tradizione civica di alcune regioni italiane del passato millennio. Riguarda le singole persone, le organizzazioni sociali, le università, le imprese, le istituzioni.
Il servizio civile è un potente strumento di rigenerazione della partecipazione se tutti facciamo la nostra parte. Lo start up spetta allo Stato. Infatti come ci dicono le definizioni internazionali (Ianys e AVSO) uno dei fattori identitari del Servizio Civile, Civic Service, National Service è la presenza di una legislazione nazionale e qui c’è una differenza costitutiva con il Programma Servizio Volontario Europeo. Bene le collaborazioni funzionali (soprattutto per periodo europeo del scn) ma sono percorsi autonomi.
Lo start up spetta allo Stato oggi, in futuro alla Commissione Europea quando diventerà Servizio Civile Europeo.
Start up non solo con una parte di finanziamento (in Italia solo quello legato all’assegno mensile dei giovani e in quella comunitaria dovranno essere previsti fondi per le organizzazioni) ma con la legittimazione della istituzione (il servizio civile non è una questione del solo nonprofit o degli enti locali) e con la indicazione degli obiettivi che gli vengono affidati (le missioni a cui partecipano le organizzazioni).
Missioni che devono essere esplicite nell’impegno richiesto, ambiziose nei risultati a cui contribuire. Dalla lotta contro la povertà (oggi ISTAT dice 17% popolazione italiana a rischio povertà), all’accesso di tutti alla conoscenza, dalla lotta contro la xenofobia e il razzismo alla costruzione di quell’Europa soggetto di pace oggi in crisi.
Forse con questi fatti sarà più agevole guardare negli occhi i giovani e chiedergli di impegnarsi.