Presentazione volume Rivista Nonprofitonline su Riforma Terzo Settore e disciplina Servizio Civile Universale, Roma 17 Febbraio 2015
Intervento di Licio Palazzini, presidente CNESC (Conferenza Nazionale Enti Servizio Civile)
L’iniziativa presa dalla Rivista ci mette a disposizione uno strumento utile sia per la riflessione accademica che per avere la mappa dei diversi approcci ad una materia vastissima, quella del Terzo Settore a cui non pochi giovani guardano con curiosità ma anche sguarniti delle conoscenze e strumenti per parteciparvi.
Anche per questo, oltre che per il riconoscimento alla CNESC, ringrazio la Fondazione e la Rivista.
Che il tema del servizio civile nell’attenzione degli addetti ai lavori scivolasse nell’apparente dimensione della “cenerentola” non è una sorpresa, ma è solo apparenza e il Governo pare aver colto invece la sua dimensione sistemica.
Il Servizio Civile Nazionale è rivolto ad una fascia di popolazione che alcuni hanno definito “derubata di futuro” (i giovani direbbero anche del presente sotto molti punti di vista), altri hanno chiamato “preziosa” (l’Istat ci ha detto che dall’Unità d’Italia non erano mai nate così poche persone nel nostro Paese).
Un Servizio finalizzato a promuovere valori centrali in una democrazia:
- Educazione alla soluzione pacifica dei conflitti;
- Educazione all’appartenenza alla Repubblica;
- Educazione all’impegno civico volontario.
Per questo la CNESC già da Aprile 2014 ha seguito con grande attenzione e partecipazione l’iniziativa del Governo Renzi e di alcuni parlamentari.
Negli interventi che mi hanno preceduto è stato richiamato il tema di un lavoro parlamentare che precisi e definisca i contenuti della delega al Governo.
A differenza di altri articoli del testo, la Commissione Affari Sociali, leggendo i resoconti parlamentari, sull’articolo 5 ha già proceduto largamente a operare in tal senso. Ad esempio è stato fissato in un decreto delegato (prima erano “decreti”) l’atto successivo alla approvazione del testo di legge delega, è stato precisato che il rapporto contrattuale sarà fra i giovani e lo Stato (il che per inciso esclude che si possano chiamare “volontari” i giovani del SCN/U), è stato precisato che gli enti accreditati debbano essere solo pubblici e senza scopo di lucro, è stato introdotto il criterio della semplificazione e trasparenza in una gestione diventata sempre più burocratizzata (anche per la progressiva carenza di fondi e il barocco impianto di 21 uffici e albi), è stato fissato il termine minimo (8 mesi) e massimo (12 mesi) della durata del periodo di SCU. Su questo tema servirà un attento lavoro in sede di decreto delegato per salvaguardare le condizioni minime di realizzazione degli obiettivi educativi affidati a questo istituto e per la Cnesc 12 mesi dovrebbe essere la durata ordinaria. C’è poi il nodo del periodo di servizio civile all’estero che molti operatori e parlamentari ritengono possa essere leggermente più lungo.
Se questi sono emendamenti che precisano il testo iniziale, un emendamento introdotto nella seduta del 28 Gennaio alla lettera a) del testo originario, può riportare, a nostro avviso, le lancette al 2001 e ai guasti che l’impianto della legge 64/2001 ha poi manifestato: guasti costituzionali, istituzionali, organizzativi e soprattutto culturali. Se chiedete a 10 giovani o rappresentanti istituzionali cosa è il servizio civile nazionale riceverete 10 risposte diverse.
Eppure il Servizio Civile Nazionale ha incontrato un successo per molti inaspettato. In questo periodo ci sono 1.200.000 giovani italiani che volontariamente hanno chiesto di farlo e se sono stati solo 340.000 quelli che vi hanno partecipato è stato a causa dei fondi pubblici insufficienti.
Con la nuova formulazione della lettera a) abbiamo, dicevo, un ritorno alla legge in vigore. Infatti mentre il testo del Governo “istituisce il SCU finalizzato alla difesa non armata, ai sensi degli art. 52, primo comma e 11 della Costituzione, attraverso modalità rivolte a promuovere attività (..segue elenco)” il nuovo testo recita “istituisce il SCU finalizzato alla difesa non armata, ai sensi degli art. 52, primo comma e 11 della Costituzione e a promuovere attività..”.
Nell’ambito delle molte innovazioni che il Governo positivamente propone per la CNESC il cuore istituzionale della differenza fra il scn e il scu è proprio la semplice fissazione di una finalità, un nucleo centrale identitario, a cui ricondurre tutti i molteplici obiettivi che con il SCU si possono raggiungere, dandogli quella chiarezza identitaria che oggi non c’è e che ha indebolito l’impatto fra i giovani e nel Paese, chiarezza identitaria fondata su questi tre ambiti valoriali che richiamavo all’inizio.
Questo è l’obiettivo principale. Tutti gli altri possibili risultati, pur importanti, sono subordinati a questo.
Fra gli altri risultati possibili c’è l’apertura agli stranieri, che a nostro avviso ha già raggiunto una legittimazione anche sul piano del diritto. Penso in particolare ai cittadini comunitari (doppia cittadinanza, diritti elettorali attivi e passivi..) e anche per i cittadini non comunitari, pur presentandosi tematiche più complesse, la soluzione trovata, in accordo con i Ministeri interessati, dal bando di SCN del 4 Dicembre 2013 ci pare la base da recepire nella riforma. Questa è la nostra posizione nello specifico.
Ma nel contesto di priorità a cui facevo prima riferimento.
Grazie
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