L'«OBBLIGO» DEL SERVIZIO CIVILE È NELL'IMPATTO E NELLA QUALITÀ
Si faccia finire la strana "lotteria" legata alla progettazione annua
di Claudio Tosi e Renato Perra
Caro direttore,
vorremmo contribuire alla riflessione sul Servizio civile che continua a svilupparsi su "Avvenire" per sostenere l’opportunità di modificarne logica, struttura organizzativa, sistema di finanziamento e reclutamento. Dal nostro punto di vista il Servizio civile ha avuto nella capillarità della sua azione il migliore tratto distintivo dalle politiche up down di intervento sui territori.
Per decenni chi si è sentito in grado di accogliere giovani ai quali offrire un percorso sociale, civico, ambientale, culturale, assistenziale, solidale e formativo per sé e per gli altri, ha prodotto progetti e attivato azioni nei propri territori. È stata una gigantesca azione collettiva e plurale, in qualche caso strumentale e non sempre efficace, ma di cui va colta e difesa la trasversalità, la diffusione, il generalismo delle forme di impegno, la fertile unicità del patto Stato/giovane/ente, che ha caratteri distintivi dal lavoro e dal volontariato. Le prerogative riconosciute ai giovani come il diritto di parola circa l’andamento del proprio progetto. L’intergenerazionalità che offre un rapporto costruttivo con l’adulto, a cui si richiede autorevolezza più che autorità. Il Servizio civile emerso nel tempo è un dispositivo originale che fonda la sua identità proprio nella dimensione giovanile dei suoi partecipanti. Questi sono spesso per la prima volta degli adulti, nel senso che per la prima volta si assumono responsabilità, svolgono ruoli di cura verso il prossimo e verso l’ambiente nel quale vivono. È per molti di loro un’esperienza formativa della propria personalità, prima ancora che sul piano delle competenze civiche o lavorative. Per gli Enti che li accolgono è una formidabile sfida al cambiamento. Associazioni ed Enti con un’identità molto forte e dinamiche interne ferme o addirittura sclerotizzate, si ritrovano a lavorare con giovani che riescono a mettere il dito in tutte le piaghe con un paradossale effetto balsamico, curandole, rivitalizzandoli. Riteniamo disfunzionale immaginare un Servizio civile obbligatorio, questo deve rimanere una libera scelta e una libera adesione a un progetto, in un momento specifico della vita di un o una giovane. Una scelta di impegno che non può essere dettata per decreto. Il Servizio civile fonda la sua efficacia in una orizzontalità di fondo in cui nessuno ha "golden share" da mettere sul piatto; oggi questa caratteristica è sotto osservazione, in quanto l’impianto programmatorio dello Scu, pur mantenendo il saldo aggancio ai princìpi costituzionali di difesa non violenta e non armata della patria, introduce una finalità esterna e dà mandato alla Conferenza Stato-Regioni di descrivere uno scenario di priorità a cui chiamare gli Enti a stilare i progetti e conseguentemente i giovani ad aderire. Ma sempre gli Enti possono declinare e adattare ai propri contesti le indicazioni strategiche contenute nel Piano.
Il cambiamento che ci auspichiamo è la possibilità di togliere il Servizio civile dal sistema attuale di una concorrenza tra le idee e le proposte espresse dagli Enti. La ritualità della progettazione annua, con una sorta di lotteria che quest’anno vede i giovani arrivare e l’anno successivo no, determinano scoraggiamento negli Enti e frammentazione e discontinuità negli interventi per i territori. È necessario avviare un lavoro di rete che coinvolga tutti: Stato, Regioni, Enti accreditati, Enti Locali, Reti del Terzo settore e del non profit, rappresentanze degli Operatori volontari. Questa rete avrà il compito di evidenziare sovrapposizioni e lacune, indirizzare le azioni migliorandone l’efficacia, consolidare le relazioni territoriali e sviluppare una identità di valori che sciolga rivalità e difficoltà di comunicazione ancora oggi presenti tra i vari attori. Si potrebbe così andare verso un efficientamento dell’efficacia che poggerebbe su una forte e stabile piattaforma organizzativa e relazionale, resa strutturale da una congrua e stabile dotazione finanziaria. Ancora
oggi troppi giovani che fanno domanda rimangono fuori dalle graduatorie, inoltre, non sono previsti adeguati strumenti, anche finanziari, per favorire coloro che vivono una condizione di esclusione economica, sociale e culturale. Questo porta, troppo spesso, gli Enti a selezionare e preferire quei giovani che sono grado di garantire maggiore autonomia ed efficienza. Ci sembrano questi i possibili criteri di obbligo per il Servizio civile, l’«obbligo» di farne un impianto chiaro, condiviso e stabilizzato.
Federazione Italiana dei Cemea - Rete
Scu Acquecorrenti