Ministero della Pace, una necessità politica
Aspettative per il dopo Covid-19
di Nicola Lapenta
«La difesa civile non armata e nonviolenta è il nuovo paradigma di sicurezza universale»
La Pandemia, oltre a rivelare le nostre planetarie debolezze, la fragilità della nostra specie, l’inadeguatezza di talune scelte politiche ed economiche ci ha permesso di assistere ad un’esplosione di volontà, solidarietà e creatività, non così inusuale, ma in questa situazione sicuramente dirompente. Ciascuno ha osservato e magari sperimentato un’attenzione eccezionale alle vulnerabilità e alle fragilità, frutto della potenzialità di pace positiva e dell’impegno di tutti i costruttori di pace maturato nel Paese. Come in altre occasioni, purtroppo drammatiche, abbiamo avuto modo di osservare l’enorme patrimonio di pace positiva di cui l’uomo è capace.
Dove finirà il patrimonio solidale nel post pandemia?
Il rischio è che torni nel silenzio operoso che caratterizza la società civile, organizzata e non. La solidarietà, troppo spesso intesa come un accessorio, o come un vezzo filantropico deve essere politicamente valorizzata quale forza creativa e vitale.
Se le istituzioni non sapranno raccogliere questo monito sarà più difficile affrontare la crisi anche economica che ci attende appena usciremo di casa. Le rigenerate e ampliate spinte volontaristiche che vengono dalle persone, dal basso, hanno un immenso valore e non debbono perdersi.
Sono stati riattivati i progetti del servizio civile universale (SCU) e ben 23 mila giovani si stanno impegnando per sostenere il Paese durante l’emergenza. La finalità principale del SCU, come è noto, è la difesa non armata e nonviolenta della Patria: in questi giorni, più che mai, i progetti di servizio civile attivi sui territori, rappresentano strumenti preziosi di difesa, intesa come promozione della sicurezza umana, garantendo quotidiano supporto e assistenza alle comunità, in uno sforzo comune di solidarietà e di partecipazione in grado di incidere positivamente sul bene della collettività.
La necessità di una nuova visione politica
Per attuare la Pace Positiva è necessaria un’interazione sostanziale, trasparente e prospettica fra lo Stato, il terzo settore, i comparti produttivi ed economici, per promuovere paradigmi politici, economici, sociali, culturali che mettano al centro i valori di riferimento dello sviluppo umano sostenibile. E’ necessaria un'alleanza che rafforzi e rinnovi costantemente la capacità resiliente e pacifica della società.
Le priorità degli interventi, la modalità di gestione, il reperimento delle risorse e tutta la protezione dei cittadini debbono strutturalmente convergere in nuove visioni, che originino dalla centralità dell’uomo in un ecosistema in equilibrio di dignità, diritti e doveri che consideri i deboli come i punti di partenza e non come effetti collaterali.
Investire nel Bene Comune non nelle armi
In Italia ci sono 231 fabbriche di armi comuni e ben 334 aziende sono annoverate nel registro delle imprese a produzione militare. Una sola azienda in tutta Italia che produce respiratori polmonari, per l’acquisto dei quali dipendiamo dall’estero. È cresciuta nell'opinione pubblica italiana ed internazionale la consapevolezza dell'urgenza di un'inversione di rotta, verso una politica attiva di costruzione della pace che passi anche attraverso il ripensamento delle politiche di difesa e delle politiche industriali del settore della produzione di armamenti.
Lo dicono le milioni di voci che si sono levate contro la guerra unitamente a quella dell’ONU e di Papa Francesco. E’ dunque ora di affrontare la riconversione industriale delle fabbriche di armi e la smilitarizzazione del territorio con la chiusura delle basi.
Non serve distruggere posti di lavoro se si riconvertono ad attività compatibili con strategie politiche differenti. Occorrono scelte politiche di spesa coerenti a livello regionale, nazionale ed europeo, senza eludere la questione dell'uso della forza e la resistenza all'ingiustizia.
La riconversione industriale è reale opportunità di mantenimento di lavoro altamente professionalizzato e rappresenta anche l'inizio di un ripensamento dell'organizzazione militare italiana. Serve adeguata possibilità espressiva ad idee e metodi propri della difesa civile non armata e nonviolenta. E’ spesso più necessario intervenire con corpi civili di pace al posto di corpi armati che puntualmente rappresentano l'Italia negli scenari di crisi internazionale.
Una nuova alleanza tra Stato e Costruttori di Pace
Per troppo tempo il terzo settore è stato considerato alla stregua una ruota di scorta per tempi di emergenza. Questo, oltre a non rendere giustizia a quanti ne sono espressione, genera nei momenti di bisogno ritardi di intervento che incidono sensibilmente sull’efficacia degli sforzi che il Paese mette in atto.
A breve inizierà la Fase 2: una sorta di convalescenza e riabilitazione che piano piano ci ri-accompagnerà verso una nuova normalità. In questa fase beneficeremo del balsamo della solidarietà e sentiremo ancora molto parlare delle forze positive che rimettono al centro la necessità che nessuno resti ultimo.
Se al contrario, questo non dovesse accadere nella successiva Fase 3, quella della nuova normalità, avremo disperso gli insegnamenti di questo tempo, sprecando un’occasione propizia per invertire un percorso dannoso fatto di enormi sperequazioni ed interessi troppo distanti dalle necessità del mondo, che ha ampiamente dimostrato la sua inefficacia. Nella Fase 3 il terzo settore, i costruttori ed artigiani di pace, debbono essere considerati nella loro grande dignità come uno dei principali motori necessari a condurre il Paese attraverso la crisi economica e non solo.
Un modo per realizzare tutto ciò è mettere al centro dell’agenda politica del Paese e di ogni istituzione democratica la Pace Positiva, di cui la difesa civile non armata e nonviolenta è una delle espressioni caratteristiche.
La Riconversione Politica: il Ministero della Pace
Uno strumento utile al Governo a curare questo fine è l’istituzione del Ministero della Pace, una nuova istituzione per una nuova “era” segnata da una riconversione della politica che si dedichi e riparta dalla sussidiarietà circolare, fatta di vera co-progettazione per la Protezione delle persone, per la Pace Positiva, per un nuovo paradigma di sicurezza e solidarietà universale e che dia finalmente Casa e Dignità ai costruttori di Pace, realizzando così l’obiettivo 16 dell’agenda 2030 per lo sviluppo umano sostenibile.
“L’uomo ha sempre preparato la guerra è giunto il momento di organizzare la pace” (d. Oreste Benzi) oggi più che mai abbiamo toccato con mano che a salvarci non sono le armi ma lo spirito di solidarietà e di fratellanza tra le persone.
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